La situazione di Valentano, agli inizi del 1900 non era dissimile ai tanti paesi della provincia di Viterbo ove regnava una diffusa povertà tra la stragrande maggioranza dei cittadini mentre la proprietà era concentrata nelle mani di alcune famiglie benestanti e della Parrocchia e delle numerose Confraternite.
Solo dopo aver partecipato alla Prima Guerra Mondiale i nostri contadini poterono vedere assegnati dal Comune i cosiddetti enfiteusi (circa 8.000 metri di terra) di cui poter disporre direttamente. Poi, nel corso degli anni, si registrerà un sempre maggiore frazionamento delle proprietà cosicché sorgeranno tante piccole aziende agrarie con un minimo di rendita familiare.
Erano le ore 18 del giorno 11 giugno 1944. Giorno della ritirata dei tedeschi e dell’arrivo degli alleati. Sembrava una tranquilla giornata di guerra, quella della Liberazione di Valentano. Erano arrivate le
prime truppe francesi… precedute dal solito spettacolo dei “marocchini”… subimmo anche questo! Ebbene un carro armato francese attraversò Valentano, sfondò la Porta di San Martino, si mise al centro del piazzale e incominciò a sparare verso la strada della Montagnola contro i tedeschi in ritirata, sulla base delle segnalazioni fatte al carrista da un ufficiale francese salito sul campanile e fornito di un binocolo. I tedeschi non si fecero pregare e risposero al fuoco nemico. Uno… due… tre colpi di cannone finirono per schiantarsi fra i castagneti sotto San Martino (tra l’altro pieno di compaesani che osservavano tutto questo). Alzato il tiro, un colpo di cannone sfiorò la porta di San Martino, praticamente attraversò per lungo tutta la strada di Santa Maria (Via Matteotti) per andarsi ad infrangere su quel famoso concio di pietra ora restaurato… cadde sulla Selciata e scoppiò: un inferno per chi era per strada e per i tanti bambini che giocavano dentro il portone del Palazzo Vitozzi. Morirono sul colpo: Cruciani Bernardina di 18 anni con i fratelli Margherita (14) e Mario (11) tutti figli di Giacomo; le sorelle Silvestri Giuseppa (13) e Maria (8) di Fortunato; Barlani Carlo (7), figlio di Vincenzo; gravemente feriti morirono il giorno dopo Domenico Natali (76) e Barbara Bianchini (75) nonna delle bambine Silvestri. Perirono anche un ufficiale francese e un soldato che
passavano lì davanti con la jeep… Vogliamo ricordare che il giorno seguente sempre per bombardamento morirono in loc. Perazzeta padre e figlio Luigi (46) e Domenico (16) Capocecera. Nella ricorrenza del 60° anniversario di questa tragica pagina fu collocata una lapide a fianco del Portonaccio che ricorda non solo questi morti ma anche quanti furono le vittime civili del conflitto e i caduti per lo scoppio di residuati bellici… Oltre quelli indicati, nelle operazioni belliche del 1944, era morto in loc. Poggio Ruberto, per mitragliamento, Pio Barbieri di anni 44, il 3 maggio. Il seguente 14 giugno sempre nella piana di Valentano erano morti Francesco Rossi di 12 anni e Goffredo Tramontana, di 47 anni, entrambi residenti a Latera. Ancora morti, per lo scoppio di residuati bellici, cadevano successivamente: Giannarini Domenico (16 anni) e Massieri Andrea (12), di Villa Fontane in loc. Castagno, verso Capodimonte; Nicola Pelosi di anni 17, il 20 ottobre 1944, in loc. Argentella in Montalto di Castro; Castiglioni Agostino, di anni 11, a Villa Fontane; il 19 marzo 1945; Falaschi Benedetto, di anni 43, in campagna e, infine, Portici Domenico, di anni 9, in Valentano, all’inizio di Via del Monte. Una triste catena, conclusasi nel 1952, che doveva contare, oltre i feriti, complessivamente 16 morti.
Il ricordo del bombardamento è rimasto vivo nei racconti, Ezio Alesini, che era del ’23, raccontava di quel giorno e di come lui, insieme ad altri giovani, si erano incollati alcuni feriti per portarli all’ospedale alla piazzetta. Un altro ricordo, di Peppe de Bardassarre Luzi, la cui famiglia abitava proprio a Palazzo Vitozzi: saputo del disastro corse e trovò, dentro al portone, quella carneficina di bambini… Non sapendo come sistemarli entrò nel cortile interno ove trovò, stesi ad asciugare, molti teli del pane che allora si faceva a casa… Li staccò e con qualche altro volontario collocarono i resti straziati su questi teli. Poi sul far della sera avvolsero questi giovani e bambini morti nelle lenzuola e sui carri li portarono al cimitero…
Così sarà chiamato, da quel momento in poi, l’artistico ingresso bugnato della storico Palazzo Vitozzi (fine sec. XVI-Inizi sec. XVII) lungo la Selciata (Via Trento e Trieste).
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La situazione economica del paese nel dopoguerra si rivelò, per molti, fonte di privazioni tanto che con la cosiddetta “Riforma agraria” dell’Ente Maremma, dopo il 1951, circa cento famiglie (per 600 cittadini) si trasferirono a Pescia Romana ove ebbero in assegnazione i cosiddetti “poderi familiari”.
La popolazione cittadina che contava allora 3.826 abitanti (il massimo storico raggiunto), scese così a 3.218 unità (censimento 1961). Questo calo demografico si incrementò nel corso degli anni a seguire per stabilizzarsi, negli ultimi anni, attorno ai 2.925 abitanti, malgrado l’incremento dell’insediamento abitativo che, invece, si è notevolmente ampliato facendo assumere al paese un aspetto ormai omogeneo essendosi ormai congiunte le varie località abitate (Villa delle Fontane, Felceti, loc. La Villa, Via del Ritiro).