RICORDO DI PADRE VINCENZO D’ASCENZI S.J.: “UN PRETE, UN UOMO”
di Romualdo Luzi
Ci siamo incontrati con P. Vincenzo ad una esposizione di libri. Era allestita in uno stretto spazio ove tra visitatori ci si scontrava quasi, dove occorreva salire e discendere scale e scalette per visionare le pile dei libri, di vario formato e di argomenti diversissimi, e ove ho trovato P. Vincenzo, vestito con il suo ordinato clergyman, sempre con quel volto cordiale che tutte le volte in cui ci si ritrovava, mi riservava… Ci univa, oltre l’essere figli d’una stessa terra, l’amore per lo studio e i libri in genere. Tra le varie copertine dei libri esposti, una mi aveva colpito: era quella di una possibile nuova edizione del suo libro Un prete un uomo. Questa volta, però, disegnata tutta a colori, con immagini di fantasia, ove lui vi appariva visto di fronte, al contrario delle precedenti edizioni ove, era ritratto in riva al mare e con un maremmano “bastone uncinato”, da pastore, o forse da buttero, incamminato verso un lontano orizzonte. Mi firmò una lunga dedica, tanto da riempire la pagina bianca della controcoperta, con una scrittura veloce e piuttosto disordinata rispetto al suo preciso modo di esprimersi. Presi il libro e mi ripromisi di leggere la dedica più tardi, con calma, ma quel libro non l’ho più trovato!
Con le prime luce dell’alba di questa mattina, quando mi sono svegliato, tutto era sparito: Padre Vincenzo, il libro, il sogno!
E sì, avevo sognato. Ma l’immagine di quel libro è rimasta prepotentemente nella mia memoria quasi a sottolineare che, come io credo, fra le decine e decine di libri che lui ha scritto, quello era il suo preferito, quello essenziale, il libro della sua autobiografia, non intesa soltanto nel senso letterale del racconto della sua esistenza, ma dei suoi sentimenti, del suo essere etrusco e moderno ad un tempo, della sua spiritualità e del suo carisma profuso in anni di apostolato sacerdotale tra Ferrara, Grosseto e Pescara. La tappe più importanti della sua vita.
Valentano, 17 settembre 2013, tredici giorni dopo il suo ritorno alla casa del Padre.
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“Sono nato nel 1928, in un paese, all’epoca di circa 4000 abitanti, chiamato Valentano… è un paese di contadini (i villani), piccoli proprietari, braccianti e pastori. Anche mio padre Angelo proveniva da una famiglia di pastori;… mentre dalla parte di mamma Francesca [Firmani] la famiglia era costituita da contadini, piccoli coltivatori, con la caratteristica di un lavoro duro e di una vita di grande risparmio…”.
Ho voluto che fosse proprio P. Vincenzo a raccontare con le sue stesse parole l’inizio della sua vita e la storia della sua famiglia che lui, poi completerà con la precisazione di essere l’ultimo nato di sei fratelli: due scomparsi prima della sua nascita, Giovanni e Vincenzo, poi Mario, la sorella Teresa e, infine, Giovanni, poi sacerdote e Vescovo. cui attribuisce il merito della sua formazione giovanile. Naturalmente a Valentano ebbe l’istruzione preziosa e insostituibile delle Maestre Pie Filippini nella scuola dell’infanzia e della maestra Frediani, ancora oggi ricordata in paese per la sua straordinaria capacità di insegnamento nelle scuole elementari.
L’entrata presso un Collegio seminariale dei Gesuiti per appena due anni lo doveva segnare per sempre benché le vicende belliche dell’ultimo conflitto lo avessero costretto ad abbandonare il convitto e tornare in famiglia, vivere così anche gli anni della guerra e il passaggio del fronte a Valentano. Per questo, racconta, che la conclusione degli studi fino al V ginnasio fu un po’ fortunosa. Dapprima presso la famiglia e quindi nel Seminario di Montefiascone, poi con il ritorno a Roma e il conseguimento del titolo ginnasiale presso l’Istituto “M. Massimo”, sempre dei Gesuiti. Un Ordine che poi sceglierà definitivamente a 17 anni, entrando in noviziato il 21 ottobre 1945 e concludendo il percorso sacerdotale con la sua prima Messa celebrata a Roma, nella Basilica di Santa Maria Maggiore il 5 luglio 1959. Dava così inizio alla sua opera pastorale in varie località in cui fu destinato dai Superiori, soprattutto nell’area dei Castelli Romani. Nell’autunno del 1964 la destinazione a Ferrara doveva ancora una volta costituire una tappa fondamentale della sua vita e dei suoi studi: insegnamento al Liceo Classico, predicazione, direzione dell’Istituto di cultura religiosa Casa “Giorgio Cini” e, infine, nel 1978, la fondazione di una parrocchia dedicata a San Giuseppe Lavoratore, eretta nella zona più “rossa” della città, vicino alla Montedison. In quegli anni aveva già intrapreso un fattivo confronto proprio con l’area della sinistra e si devono a questo periodo alcuni suoi saggi tra cui vanno ricordati almeno Cristiani e marxisti a confronto su l’uomo, I Cattolici e la politica, Perché i cattolici a sinistra. Un altro saggio di questi anni, invece, fu dedicato a La “Questione Giovanile”negli anni 1968-1978, edito con la presentazione del prof. Achille Ardigò, allora ordinario di Sociologia all’Università di Bologna.
Dopo i 16 anni di Ferrara e un breve soggiorno ad Orbetello, tre anni pieni di iniziative religiose e culturali, nel 1983 accolse l’invito a subentrare ad un suo confratello nella direzione della Parrocchia di Maria Ss. Addolorata di Grosseto, che contava ben 10.000 abitanti, interessandosi delle varie fasce d’età dei residenti, ma dedicando molta attenzione al mondo giovanile dando vita a molte iniziative legate ai campeggi in varie località e, soprattutto, costruendo un Centro Giovanile di ben 4000 metri cubi per circa 750 mq. con sala teatro, oratorio e sale per le feste parrocchiali. Fu in quel periodo che, anche data la vicinanza, P. Vincenzo fu più presente al paese d’origine, ove svolse molti campeggi, e volle che anche la nostra Banda cittadina si recasse nella sua parrocchia per accompagnare processioni e feste religiose. In questa fase dette vita ad un gemellaggio con una missione operante nel Kerala, a sud dell’India ove, con la collaborazione dei parrocchiani, riuscì a far edificare un intero villaggio di 110 casette, un dispensario medico, una scuola materna e la casa per le Suore. Oltre a questa singolare iniziativa si deve dire che interventi similari, anche se più modesti, furono attuati in altri centri missionari del Brasile, in Madagascar, nelle Filippine e nello Sri Lanka.
Nel febbraio del 1993 i superiori pensarono per lui ancora un’altra destinazione e fu inviato a dirigere la Parrocchia di “Cristo Re” a Pescara ove, per la sua lunga esperienza pastorale, riuscì comunque a meritarsi la stima di quelle popolazioni e far rifiorire in essa quel profondo senso di essere attenti alla fede dopo anni di una certa disattenzione e trascuratezza. Anche qui nacquero nuovi campeggi per i giovani e l’apertura di un Oratorio Parrocchiale aperto a tutti. Da queste esperienze scaturirono altre sue specifiche pubblicazioni come La fontana e il cantiere. Messaggi di un parroco (2001), con presentazione del card. Angelo Scola, patriarca di Venezia e Creare un Oratorio parrocchiale, con presentazione e interventi del card. Carlo Maria Martini, edito nel 2003.
Proprio nella seconda metà di quell’anno, quando alcune vicissitudini di salute, facevano presagire un suo nuovo trasferimento e, forse, il suo ritorno alla parrocchia di Grosseto senza incombenze e responsabilità, i superiori decisero che era ora del suo riposo e quindi lo accolsero a Galloro, presso Ariccia, nella casa di Esercizi Spirituali dei Gesuiti. Qui ritrovò la sua salute e l’aria di quei Castelli Romani che l’aveva accolto nei suoi studi giovanili. Durante la predicazione degli esercizi spirituali Padre Vincenzo tornò ai suoi “amorosi” studi che, questa volta, lo videro impegnato, in altre pubblicazioni, e soprattutto nella stesura di piccole guide di spiritualità Il fascino dei monti. Dall’alpinismo al “Tabor” (2007), e di preghiera con le Edizioni de Il Messaggero di Padova. I piccoli percorsi volevano costituire una guida personale per chi, nell’intimo della propria esistenza, avesse voluto ripercorrere una serie personale di “esercizi spirituali” che lui aprì con Signore, insegnaci a… pregare” (2008), …insegnaci a donare con gioia (2008), …insegnaci ad amare la vita (2009), … insegnaci a perdonare… (2010).
Qui, purtroppo, si interrompe la collana delle sue guide, programmate in dieci uscite, come aveva anticipato nell’incontro di Valentano, il 26 ottobre 2008, allorché l’Amministrazione Cittadina lo aveva invitato per onorarlo degnamente e riconoscerlo come uno dei suoi figli migliori tra quanti avevano dato lustro al paese natio, soprattutto come scrittore profondo e illustre studioso. Quell’occasione si trasformò veramente in un intenso colloquio tra P. Vincenzo e i tanti concittadini intervenuti. Senza alcuna retorica, si parlò dei suoi libri ma si registrò, soprattutto, una continua fioritura di ricordi che le parole di P. Vincenzo e degli intervenuti fecero emergere come lo sgorgare continuo di acqua fresca da una “comune sorgente”. Ricordi che, in qualche modo, p. Vincenzo ha conservato e scritto nel libro Un prete, un uomo, che, in quell’anno, era stato riedito e ampliato con gli ultimi avvenimenti.
Nel febbraio 2011, anno in cui erano stati editi altri due volumi della sua ultima produzione (Il fascino della personalità di Gesù e Fuga dalla casa del «Padre» e il coraggio di tornare), P. Vincenzo, nei pressi della Casa di Galloro, di ritorno da un incontro con alcuni fedeli, rimase vittima di un gravissimo incidente stradale. Travolto da una autovettura fu ricoverato nell’Ospedale di Albano in gravissime condizioni. Restò ricoverato per molto tempo a causa delle numerose lesioni riportate, lentamente si riprese ma la sua esistenza rimase dolorosamente segnata e furono anni difficili affrontati con tanta sofferenza per le terapie cui spesso doveva ricorrere. Nel tempo, comunque, per la sua forte fibra e soprattutto per la determinazione che l’aveva sempre contraddistinto, acquistò di nuovo un grande entusiasmo verso la vita e fu forte la sua voglia di riprendere i suoi impegni. Nel luglio di quest’anno P. Vincenzo tornò a farsi vivo con gli amici attraverso una e-mail informandoli di aver definitivamente lasciato Galloro per stabilirsi a Roma presso la Casa dei Gesuiti di San Pietro Canisio ove, sappiamo, si era messo a disposizione per svolgere una qualche attività e che lo vide, anche se per breve tempo, impegnato magari ad insegnare l’italiano ad uno studente filippino. La lettera e l’invito a ricercarlo fu di grande la gioia per quanti lo continuavamo a seguire anche se poi, ogni tentativo di contattarlo per posta o per telefono, risultò inutile. Sapemmo poi che il suo stato di salute stava di nuovo aggravandosi.
Il 4 settembre scorso, nelle prime ore del pomeriggio, ci sorprese comunque la notizia della sua scomparsa e aspettammo la sua salma a Valentano per la cerimonia dell’estremo saluto, celebrata nella Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Evangelista, la stessa ove P. Vincenzo era stato battezzato. Erano presenti, oltre ai suoi parenti, la gente di Valentano e tanti suoi conoscenti venuti da fuori. Ufficiò il parroco, con altri sacerdoti di Valentano e don Roberto, venuto dalla Parrocchia Maria Ss. Addolorata di Grosseto, a portare il saluto e il ricordo dei suoi affezionati parrocchiani che ancora lo ricordavano con affetto, come dalla testimonianza letta per l’occasione.
Valentano ora lo accoglie tra le mura del cimitero, nella cappella di famiglia, ove ha ritrovato tutti i suoi cari. Manca solo il fratello Giovanni che, come Vescovo di Arezzo, ha avuto l’onore della sepoltura nella cripta di quella magnifica Cattedrale.
Ma “lassù”, loro si sono certamente già incontrati e abbracciati, come fratelli e come sacerdoti di Cristo.
Romualdo Luzi